L’incontro delle nostre labbra è stato come planare sul filo dell’acqua. Raccogliere le gemme luminose della bruma, svegliarsi e avere il sa...

Un racconto incontrollato: Decima puntata Un racconto incontrollato: Decima puntata

Un racconto incontrollato: Decima puntata

Un racconto incontrollato: Decima puntata

L’incontro delle nostre labbra è stato come planare sul filo dell’acqua.
Raccogliere le gemme luminose della bruma, svegliarsi e avere il sapore di un’incontrollata frenesia, qualcosa che nel suo deflagare produce scintille.
Paolo steso sul letto, le coperte sfatte, dalle serrande quel tanto che basta di luce per farmi ricordare che siamo arrivati fino in fondo ieri.
Ispeziono il suo corpo, l’ho visto tante volte ma mai dopo averlo afferrato, stretto e lasciato scivolare giù ad accendere la vittoriosa battaglia dei nostri sensi.
Osservare.
Non ho fatto altro per mesi.
Mi sentivo spento, ostacolato e precipitato in una voragine che avevo costruito con anni di paranoie, sensi di colpa e mancanza di vis interiore.
Esteriorizzo nel suo membro la mia presenza, la voglia di forza.
Devo fottermi quel maledetto buco che ho inventato, riempirlo, fargli male.
Violentarlo come lui ha lacerato la mia vita.

In questo momento che pulso, ora che il letto è pieno, Paolo è mio, ora che possiedo e non sono proprietà altrui, trovo ancora una parte di me a fare lo spettatore.
Ed è come la sera di strada quando mi rapisce la voglia di spiare le finestre, vedere attraverso le luci accese e scorgere i movimenti del focolare straniero.
Come il  vagabondo che si chiede perché quei signori abbiamo fretta, e forse vorrebbe essere come loro o forse no, in fondo gli piace l’invincibilità dell’essere invisibile, trasparente.
Mi avvicino alla finestra, ho le spalle nude, lui dietro di me è  protetto dagli occhi chiusi.
“Non ti svegliare ancora; dormi e resta ancora fra le mie mani. Poi partirai come ogni singola molecola che si avvicina a me. Viaggiando troverai una rotta serena. Io sarò qui, monolite di inguaribile staticità”.

C’è una piccola goccia di umidità sul vetro, allungo il dito poi lo avvicino alle labbra.
Tiro indietro il collo e come di scatto quel sapore bagnato mi fa sentire che per noi non esiste un oceano d’attraversare.
Ma Po si era illuso, e io sono caduto con lui.
“Dovrai perdonarmi, sono solo pioggia. Tu, immenso mare”.

9 comments:

  1. @Bimbo, davvero wow? grazie :)

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  2. visto che "wow" te l'hanno già detto, io ti dirò "però!"

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  3. Bravo...vorrei una persona che m i parla con le tue parole!

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  4. bravo Still!!domani però la rileggo ora sono un pò cotto;) ma mi è piaciuto molto questo racconto!
    lost

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  5. @Caterina, ti ringrazio..è un complimento enorme!!!

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  6. @Lost, spero ti piacerà anche alla seconda lettura!! :)

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  7. Luce sul suo corpo, guardarlo nel letto... pare, ed è, ieri.
    :)

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  8. @Inco, l'importante è che la vostra storia abbia solo luce e sole :)

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