Dodicesima Puntata Hai presente quei momenti in cui il cervello affoga e tu, in cortocircuito, fai le più immani cazzate? Ecco, è s...
Non sembro uno qualunque?
Quando ci siamo salutati l’ultima volta, è stata la definitiva. Anni dopo mi ritrovo qui a guardare quel letto, a cercare la prova ch...
Come in un'eclissi - Undicesima Puntata del Racconto Incontrollato
Quando ci siamo salutati l’ultima volta, è stata la definitiva.
Anni dopo mi ritrovo qui a guardare quel letto, a cercare la prova che non sia stato tutto frutto di una brutta proiezione. In questi anni che sono passati in un lento sfiorire, il mare, quello immenso, indomabile, quello che avrei voluto cavalcare per raggiungerti, è diventato uno specchio dal quale riluce una storia che ha trovato spazio sugli occhi. Uno spazio che è un solco di lacrime aride, di parole prosciugate.
Quel giorno è arrivato quando i nostri corpi avevano appena finito di rimarginare i graffi, le ferite di una lotta che stritolava i muscoli costretti a eseguire gesti ormai inflazionati, meccanici. Avrei voluto spingermi oltre, farti male davvero per farti vedere che la bellezza che imprigionavi in te poteva uscire. Ma non ho avuto il coraggio. Il mio rimpianto sarà sempre qui, una compagnia silente che mi punge costantemente.
Una volta ti cercavo nei volti degli altri. Pensavo che la tua fuga potesse essere in qualche modo racchiusa in un’altra cornice. Ma se il mondo è un’imitazione nata dalle mani di chi conosce tutto, come posso immaginare io di ritrovarti, unico e uguale, in un’altra faccia.
Se fossimo stati un’eclissi? Io e te che diventavamo uno spettacolo meraviglioso solo quando ci nascondevamo a vicenda per poi tornare a percorrere strade parallele in diverso senso di marcia. Come Paolo e Francesca costretti a correre forsennati senza mai sfiorarci. Mi da un senso di pace immaginarti dall’altro capo del sistema solare. Io immerso nella terra fino alle ginocchia, tu con gli occhi su un piccolo pianeta in avanscoperta.
L’ultima volta che ci siamo visti tu non mi hai salutato. Avevi gli occhi aperti, un bellissimo corpo pieno di dolore che stava per svanire, definitivamente. Io quel momento lo ricordo perché c’eri, eri tu, quello che al buio di una casa diventava incredibilmente timido, pensatore di nuovi inganni da gettare sulle vite altrui, per svegliarli dal tepore e dalle loro piccolezze. Perché se mi inquadrano avranno vita facile ma io voglio essere come un animale da caccia, quello che mi prenderà mi esporrà come un trofeo. Quel giorno avrò pace.
Sul costato il neo nero, sulle braccia le cicatrici, quelle vecchie, quelle nuove, quelle dell’ultima provocazione. Copriremo i tuoi capelli rossi, quegli occhi di speranze disilluse e le mani che volevano catturare l’attenzione di ogni anima che si avvicinava a te. Torneremo ad annoiarci, innamorarci, a vivere e camminare. Torneremo a chiederci il perché. Come hai potuto farlo. E tu forse starai domandandoti cosa sarebbe successo se, o forse stai solo dormendo ancora un po’.
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4 Agosto: Auguri Normal Hero!
Mi hanno detto che non posso volare . Mi sono fermato, incredulo. Sentivo le gambe libere librarsi nel vuoto, ma forse era solo imma...
Non posso volare, mi hanno detto
Madre Parto Madre parto. Parto perché brucia la terra sotto i miei piedi e negli occhi, nel cuore, nel petto le mie preghiere vibrano...
Madre parto - Africa 2015
Madre Parto
Madre parto. Parto perché brucia la terra sotto i miei piedi e negli occhi, nel cuore, nel petto le mie preghiere vibrano di terrore.
Madre parto e lo faccio con i pugni in tasca. Lottare da una vita per la vita tutta la vita. Quando potrò avere vent’anni di nuovo?
No, non sogno. Questo mare immenso che mi divide dal poter credere in Dio è tutto ciò che vedo. Infinito, l’occhio si perde e lo accoglie per paura di non saperlo affrontare.
Non è vile il mio lasciare tutto. Non ho valige, solo tasche piene di pensieri. Lascio tutto ma un giorno tornerò da mia Madre, nella mia Terra dove il cielo è rosso come queste onde di sabbia in cui mi sembra di sprofondare, come se mi volessi tenere stretto a te.
Ho visto il mare, Madre. L’ho visto per la prima volta e oggi l’attraverso. In questa zattera di Medusa, sfido il destino. Non sono solo, siamo tanti, troppi forse. Ma come potremmo fare altrimenti.
A volte vorrei svegliarmi ed essere Dio. Vorrei guardarmi in faccia e interrogarmi. Le onde si infrangono, il mio viso è salato, assetato. Avrò abbastanza forza per tenermi in piedi quando questa distesa blu sarà finita?
Madre, sono ore che vedo solo cielo e il blu è diventato nero. Perdonami se ti ho abbandonato, ma è il mio unico modo per credere ancora. Per tornare un giorno e dirti grazie di quello che mi hai dato.
Questo incessante mare che accanto a te si muove ti fa sobbalzare. Gli occhi si chiudono alla ricerca di immedesimazione. Un'ostina...
Un tuffo e uno specchio rotto
"La mia vita è solitudine, sin dai tempi in cui ero uno studente ingenuo e timido. Sono cresciuto con la nonna e sono tornato a ...
Benjamin Clementine - At least for now
"La mia vita è solitudine, sin dai tempi in cui ero uno studente ingenuo e timido. Sono cresciuto con la nonna e sono tornato a vivere coi miei genitori per qualche anno, prima che divorziassero. Gli unici miei compagni erano i libri e la musica. Ecco perché ho deciso di condividere col mondo la mia storia: per condividere la vita e sentirmi meno solo. Sai, la solitudine porta alla follia. È successo anche a me. Solo che ho usato quella follia per creare. [...] La mia storia e le mie emozioni hanno nutrito la mia voce. Urlo la mia frustrazione senza pensare a cantare le note giuste."
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Un italiano che ha vissuto in tutte le città ma che non ha radici in nessuna. Un Normal Hero che prova a fare il blogger e ogni tanto disegna